Egitto tra Ripresa Economica e Crisi Sociale: la Stabilità di Al-Sisi è reale o solo apparente?
L’Egitto mostra segnali di ripresa economica, ma povertà e disuguaglianze restano profonde. Un’analisi geopolitica delle fragilità strutturali del Paese di al-Sisi.
MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA
Mariano Fossati
12/6/2025


Egitto: stabilizzazione economica o fragile illusione? Dentro la ripresa che non allevia la povertà
Il ritorno dell’Egitto sulla scena globale — tra eventi diplomatici e illusioni mediatiche
Negli ultimi mesi l’Egitto è tornato prepotentemente al centro dell’attenzione internazionale. Ha ospitato il vertice regionale di Sharm el-Sheikh, convocato per rilanciare un piano di tregua su Gaza, e ha inaugurato il nuovo Grand Egyptian Museum accanto alle piramidi — un evento simbolico, pensato come segno di rinascita culturale e attrazione turistica globale. Questi fatti danno allo Stato egiziano un’immagine di stabilità e centralità geopolitica, ma rischiano anche di offuscare le difficoltà reali vissute dalla maggioranza della popolazione.
Il successo mediatico di questi eventi si inserisce in una strategia del regime di al-Sisi: costruire una narrativa che presenti l’Egitto come “ancora di stabilità” in una regione in tumulto. Ma dietro questa rappresentazione estetica si nascondono i nodi di un’economia che, pur in miglioramento, resta strutturalmente fragile e incapace di generare benessere diffuso.
Crescita economica e riforme: l’Egitto tenta la risalita
Dopo anni di crisi, l’economia egiziana ha registrato segnali concreti di ripresa. Secondo dati ufficiali, il PIL 2024-25 è cresciuto del 4,5%, grazie soprattutto a riforme sostenute da un programma finanziario internazionale e a un aumento dell’attività manifatturiera.
Il sostegno internazionale è stato determinante: l’International Monetary Fund (IMF) ha completato la sua quarta revisione del programma di sostegno all’Egitto e ha sbloccato ulteriori 1,2 mld di dollari. Questo intervento ha concesso al Paese l’ossigeno necessario per stabilizzare la valuta e garantire importazioni strategiche, fondamentali dopo la svalutazione della lira decisa nel 2024.
I tentativi di riforma si sono accompagnati a una politica monetaria più morbida: la 'Banca Centrale d’Egitto' ha ridotto gradualmente i tassi di deposito overnight, segnalando un disaccoppiamento dalle pressioni inflazionistiche. Inoltre, le previsioni per il 2025/26 indicano una possibile crescita del PIL oltre il 5%, a patto che le riforme strutturali proseguano e che il contesto internazionale resti relativamente stabile.
In molti settori — manifattura, costruzioni, servizi — si stanno registrando segnali incoraggianti: ordini in aumento, miglioramento della logistica, e una nuova ondata di investimenti esteri, soprattutto da Paesi del Golfo.
Tutto ciò suggerisce che l’Egitto stia cercando di trasformarsi: da economia fragile e dipendente a un hub competitivo per export, industria e investimenti. Ma la domanda cruciale è: la crescita sarà in grado di generare sviluppo sociale stabile e diffuso?
Disuguaglianze e fragilità strutturali: perché la crescita non basta
Nonostante i risultati positivi a livello macroeconomico, la ripresa non sta migliorando la vita di molti egiziani. Il potere d’acquisto resta debole, e l’aumento del costo della vita — in particolare carburanti, elettricità e gas — erode rapidamente ogni guadagno reale. Il tessuto sociale, già provato da anni di austerità e svalutazioni, affronta ora la minaccia di un’ulteriore compressione del reddito reale delle famiglie.
Il settore privato non-oil, nonostante il miglioramento dell’attività produttiva, fatica a tradurre la crescita in occupazione stabile. Molte assunzioni sono temporanee, con salari bassi e poche garanzie, spesso in contrasto con le promesse di riforma del lavoro. Un modello che, secondo economisti critici, rafforza il controllo dello Stato e del complesso militare-industriale su settori chiave dell’economia — rendendo l’apparente ripresa un mero sollievo temporaneo, non un cambiamento strutturale.
Il debito pubblico resta elevato, e gran parte delle nuove risorse è assorbita dal servizio degli oneri finanziari, piuttosto che da investimenti produttivi o politiche sociali. Ciò significa che, sul terreno, una gran parte della popolazione non percepisce alcuna differenza, e le disparità sociali rischiano di ampliarsi. In assenza di una vera redistribuzione e di un partenariato tra settore pubblico e privato, l’Egitto corre il rischio di trovare la “stabilità” oggi, ma di affrontare crisi future ancora più profonde.
L’Egitto geopolitico: stabilità regionale e scommessa europea
Anche se l’economia interna mostra segnali contrastanti, l’Egitto mantiene un ruolo strategico di rilievo per il Mediterraneo e il Medio Oriente. La stabilizzazione — se pure fragile — gli consente di presentarsi come interlocutore indispensabile per l’Europa e le potenze arabe, soprattutto in un contesto di instabilità regionale.
L’accordo recentemente siglato con l’Unione Europea ha aperto a nuovi flussi di investimenti, riconoscendo il Cairo come un partner chiave in tema migratorio, energetico e di sicurezza. Allo stesso tempo, molti Stati europei vedono in un Egitto relativamente stabile un alleato essenziale per contenere la crisi migratoria nel Mediterraneo e gestire le ripercussioni del conflitto in Medio Oriente.
Per il governo egiziano, questa posizione internazionale è una risorsa preziosa: offre credito diplomatico e finanziario, che potrebbe essere utilizzato per ottenere nuovi prestiti, garantire investimenti esteri e attrarre capitali stranieri. Ma si tratta di una scommessa contro il tempo, perché se la stabilità economica interna non si trasformerà in sviluppo reale e inclusivo, la fragilità sociale rischia di diventare instabilità politica — un pericolo che in un contesto già segnato da repressione e controllo sociale non può essere ignorato.
Scenari futuri: tra opportunità, rischi e dipendenze strutturali
Il destino dell’Egitto nei prossimi anni si gioca su due fronti complementari e contrapposti: da un lato la possibilità di capitalizzare la stabilizzazione macroeconomica per costruire un modello di crescita sostenibile, dall’altro la minaccia di restare intrappolato in una dinamica di debiti, controllo statale e disuguaglianze crescenti.
La chiave sarà la capacità del governo di attuare riforme profonde: privatizzazioni reali, trasparenza nella gestione delle risorse, apertura di spazi per il settore privato e tutela sociale per i più vulnerabili. Se questo approccio fallirà, l’Egitto rischia di tornare a un ciclo di crisi cronica, in cui ogni miglioramento sarà temporaneo e soggetto a shock esterni.
Per l’Europa e il mondo occidentale, questo significa che è necessario guardare all’Egitto non solo come a un alleato geopolitico utile a breve termine, ma come a un partner da costruire con politiche coerenti di lungo periodo. A questo scopo, la stabilità diplomatica e finanziaria non basta: serve un impegno condiviso per lo sviluppo sociale, infrastrutturale e istituzionale del Paese.
Mariano Fossati - Analista Geodiplomazia.it - 06/12/2025
