Tentato Golpe in Benin: cosa rivela sulla Crisi Politica dell’Africa Occidentale

Il Benin respinge un tentato golpe, ma emergono segnali di instabilità politica. Analisi geopolitica delle cause, dei rischi regionali e degli attori internazionali coinvolti.

AFRICA SUB SAHARIANA

12/7/2025

Benin, tentato golpe e stabilità regionale: cosa rivela la crisi politica di Cotonou

Il Benin è stato a lungo considerato un’oasi di stabilità nella tormentata regione del Golfo di Guinea. Per questo, la notizia di un tentato colpo di Stato a Cotonou ha generato un’eco geopolitica immediata, mettendo in discussione l’immagine di “democrazia modello” che il Paese si era costruito negli ultimi decenni. La crisi si è consumata all’alba, quando un gruppo di militari guidati dal tenente colonnello Pascal Tigri ha annunciato in televisione di aver deposto il presidente Patrice Talon e sospeso la costituzione.

L'affermazione era destinata a durare poco: già poche ore dopo, il ministro dell’Interno Alassane Seidou è apparso in diretta nazionale per dichiarare che il golpe era stato “sventato” dalle forze armate fedeli al governo. Ma lo scambio di colpi d'arma da fuoco vicino alla residenza presidenziale, i giornalisti della tv pubblica presi in ostaggio e gli elicotteri sorvolanti Cotonou hanno restituito un quadro chiaro: la stabilità del Benin non è più garantita.

Un Paese in bilico tra continuità istituzionale e tensioni interne

Patrice Talon, imprenditore diventato presidente nel 2016, è stato spesso celebrato per aver introdotto riforme economiche e infrastrutturali. Ma il suo governo si è progressivamente irrigidito, limitando lo spazio politico dell’opposizione e intervenendo su costituzione e regole elettorali. Le elezioni presidenziali di aprile 2026 — nelle quali Talon non correrà, avendo promesso di rispettare il limite dei due mandati — si prospettavano come una delicata transizione.

Il golpe, seppur fallito, mostra che parti dell’esercito non riconoscono più la legittimità del percorso politico intrapreso. Le accuse dei golpisti, che parlavano di “ridare speranza al popolo del Benin”, sono un segnale diretto al crescente malcontento verso un sistema percepito come meno pluralista rispetto al passato.

L’arresto del principale candidato dell’opposizione lo scorso ottobre, l’esclusione di altre figure considerate competitive e l’approvazione di riforme costituzionali controverse — tra cui l’estensione dei mandati degli eletti da 5 a 7 anni e la creazione di un Senato — hanno ulteriormente polarizzato la scena politica.

Il golpe come riflesso della crisi dell’Africa Occidentale

Il fallito colpo di Stato in Benin non è un episodio isolato, ma l’ultimo tassello di un mosaico sempre più instabile che comprende colpi militari riusciti in Mali, Guinea, Niger, Burkina Faso e, solo una settimana fa, Guinea-Bissau.

Il pattern è ormai evidente:

  • erosione delle istituzioni democratiche,

  • radicalizzazione delle opposizioni,

  • militarizzazione della politica,

  • penetrazione crescente di attori esterni, in particolare Russia e gruppi affiliati.

Il Benin, fino a oggi meno coinvolto in questa dinamica, ha però visto avanzare la minaccia jihadista lungo la sua frontiera nord, dove cellule legate allo Stato Islamico nel Grande Sahara hanno condotto attacchi contro civili e forze di sicurezza.

Questa crescente pressione ha indebolito il controllo dello Stato sul territorio e favorito la percezione di un governo meno capace di garantire sicurezza e prosperità. È in questo contesto che i golpisti hanno fatto leva sulla retorica della “nuova era”, richiamando temi — come giustizia, lavoro, unità — che si ritrovano spesso nei golpe dell’Africa saheliana.

Le dinamiche internazionali: Francia, Russia e Stati Uniti osservano con attenzione

L'immediato richiamo delle ambasciate francese e russa ai propri connazionali di “restare in casa” ha mostrato quanto rapidamente il rischio percepito fosse salito. Il presidente Talon, rifugiatosi inizialmente nella sede diplomatica francese, è considerato uno dei leader più vicini all’Occidente nella regione, e il suo rovesciamento avrebbe potuto aprire uno scenario simile a quello del Niger, dove i golpisti hanno espulso le truppe francesi e invitato la Russia nella cooperazione di sicurezza.

Non a caso, vari canali social pro-russi hanno celebrato il tentato golpe in Benin, ricalcando un pattern già osservato in Mali, Burkina Faso e Niger.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno invitato a evitare l’area di Cotonou e monitorano la situazione per valutare il rischio di un’eventuale espansione dell’instabilità verso il Golfo di Guinea, strategico per la sicurezza marittima e le forniture energetiche.

Il futuro del Benin: transizione o frattura?

Il Benin resta uno dei Paesi più poveri al mondo, nonostante sia un grande produttore di cotone e abbia attratto investimenti regionali negli ultimi anni. La governance economica di Talon è lodata da parte della comunità imprenditoriale, ma le disuguaglianze interne, la percezione di autoritarismo crescente e la fragilità del sistema giudiziario alimentano tensioni profonde.

Il colpo di Stato fallito è allo stesso tempo un avvertimento e una finestra sul futuro prossimo: il Paese potrebbe attraversare un periodo di instabilità fino alle elezioni del 2026, soprattutto se la transizione al successore di Talon non verrà percepita come trasparente e inclusiva.

In una regione dove la fiducia nello Stato crolla rapidamente e i militari si presentano come gli ultimi garanti dell’ordine, anche un Paese considerato “modello” può scoprire che la democrazia non è così consolidata come si credeva.

Giuseppe Palestra - Analista Geodiplomazia.it - 07/12/2025