Guerra Cognitiva: la Nuova Sfida alla Sicurezza Nazionale Italiana

La minaccia cognitiva entra nell’agenda della sicurezza nazionale italiana: guerra ibrida, big data, IA e operazioni psicologiche spiegate attraverso il quadro delineato dal Consiglio Supremo di Difesa.

ITALIAEUROPA

12/10/2025

Guerra Cognitiva: si apre una nuova fase strategica per la Sicurezza Nazionale

Il Consiglio Supremo di Difesa ne riconosce l’importanza

Indaghiamo, con questo articolo, una dimensione latente ma decisiva del nostro tempo: l’integrità delle nostre menti in un mondo saturo di informazioni, schermi, social media, intelligenza artificiale, nonché di sofisticate strategie di influenza e dottrine di guerra cognitiva. Non parliamo soltanto di disinformazione e fake news. In effetti, le citiamo soltanto. Ci interroghiamo soprattutto sulle trasformazioni più profonde in atto, offrendo un quadro interpretativo delle problematiche legate all’integrità cognitiva.

Infatti, bisogna prendere atto che la nostra attenzione, le nostre percezioni e la nostra autonomia di pensiero e di decisione sono diventate bersagli. È in atto una guerra silenziosa, in cui è la mente umana a diventare un campo di battaglia.

“Immaginate di svegliarvi al mattino e di essere colpiti dalla notizia di un nuovo ceppo di influenza mortale che ha fatto la sua comparsa nella vostra città. Le autorità sanitarie minimizzano la gravità della situazione, mentre i social media si riempiono di affermazioni contrastanti da parte di esperti medici. Questi esperti discutono sull’origine e sull’impatto del virus, mentre gli ospedali si trovano in una condizione critica, affollati da pazienti con sintomi simili a quelli dell’influenza. Questo scenario ostacola l’accesso alle cure per altri malati e porta a decessi evitabili. Con il passare del tempo, emerge un inquietante retroscena: un avversario straniero ha orchestrato questo panico, diffondendo informazioni false, tra cui l’affermazione che il ceppo avesse un tasso di mortalità estremamente elevato. Nonostante le vittime, non esistono norme giuridiche che possano qualificare questo come un atto di guerra. Ci troviamo così di fronte a un fenomeno noto come guerra cognitiva, in cui il dominio delle percezioni viene utilizzato come strumento di attacco, operando al di sotto della soglia di un conflitto armato”.

Il Consiglio Supremo di Difesa riconosce l’evoluzione del concetto di guerra cognitiva

Il Generale dell’Aeronautica statunitense David Goldfein è noto per aver introdotto il termine “Guerra Cognitiva” in un contesto militare nel 2017, utilizzando la frase “stiamo passando da guerre di attrito a guerre di cognizione”.

Questa dichiarazione ha segnato l’inizio di un percorso dottrinale che ha portato il concetto di guerra cognitiva a essere ampiamente discusso in ambito militare e di sicurezza nazionale, culminando nel suo riconoscimento ufficiale da parte della NATO nel 2023.

In questo contesto, recentemente, il Consiglio Supremo di Difesa, riunito al Quirinale sotto la presidenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, ha offerto un quadro nitido del contesto internazionale: instabilità prolungata, moltiplicazione dei domini operativi e trasformazione accelerata delle minacce ibride. Ma la vera novità emersa è l’enfasi posta sulla dimensione cognitiva, cyber e data–driven, oggi considerata parte integrante della sicurezza nazionale.

Il Consiglio, infatti, parla esplicitamente di un incremento di attività basate sulla velocità, sul volume e sull’ubiquità della tecnologia digitale, unite al possibile impiego malevolo dell’intelligenza artificiale per manipolare narrazioni, polarizzare la società e indebolire la fiducia nelle istituzioni. È un salto logico importante: il dominio cognitivo viene finalmente riconosciuto come bersaglio strategico rilevante.

La guerra cognitiva, infatti, è una forma di guerra ibrida fondata sulla conduzione continua e ripetuta di attacchi informativi e operazioni psicologiche nei confronti di una società, principalmente per mezzo di influencer, social media e social network. Tali attacchi hanno il potenziale e l’obiettivo di indebolire la società bersagliata promuovendo al suo interno polarizzazione inter- e intracomunitaria, processi di radicalizzazione e persino fenomeni di istupidimento negli individui e nelle collettività.

La guerra cognitiva si distingue dalle guerre psicologiche, che si caratterizzano per la limitatezza di obiettivi e durata e dunque per l’impatto inferiore sulla mente del bersaglio nel lungo termine, e non va confusa con le guerre neurologiche, nelle quali è previsto l’utilizzo di agenti chimici, biologici e radiologici per provocare l’insorgere di malattie, disturbi e tumori a livello del cervello e del sistema nervoso.

Le guerre cognitive sono quindi una versione estremamente rafforzata delle guerre psicologiche e informative, delle quali condensano gli elementi cardine, e sono il risultato dello sviluppo delle tecnologie persuasive, della militarizzazione delle ultime scoperte nelle "NBIC" (nanotecnologia, biotecnologia, tecnologia dell’informazione e scienze cognitive), del marketing e delle scienze comportamentali, dell’espansione dell’internetizzazione e di altri fattori sociali: dalla dipendenza da internet alla riduzione del quoziente intellettivo della popolazione.

Meccanismi di influenzamento mentale e vulnerabilità della mente umana

La straordinaria capacità di influenzamento mentale delle operazioni cognitive è la diretta conseguenza dell’applicazione militare dei big data, tracce di informazioni più o meno sensibili — dalla fede all’orientamento sessuale — che gli internauti lasciano quotidianamente in rete e a partire dalle quali è possibile creare istantanee psicologiche estremamente accurate delle singolarità e delle collettività.

I big data sono raccolti dalle agenzie di spionaggio deputate all’intelligence cibernetica, che possono comprarli dai gestori dei social network o recuperarli tramite hackeraggi. Essi sono poi trasformati in psicogrammi per l’ingegneria del consenso da software basati su intelligenza artificiale.

Le guerre cognitive, nella loro forma più estrema, sono in grado di plasmare “voleri, bisogni e percezioni dei singoli” in maniera “quasi irreversibile” e di “fratturare e frammentare un’intera società, così che essa non abbia più la volontà collettiva di resistere alle intenzioni dell’avversario e venga sottomessa senza ricorrere alla forza o alla coercizione”.

Per definire la dimensione cognitiva, è necessaria una comprensione generale del funzionamento della mente umana e delle sue vulnerabilità, che alcuni “Attori” stanno imparando a conoscere e sfruttare a proprio vantaggio.

Benché spesso considerati elementi astratti, nella mente umana confluiscono componenti psicologiche — legate ai processi con cui ogni individuo acquisisce, elabora e interpreta stimoli e informazioni — ed elementi neurologici, costituiti dall’insieme delle strutture specializzate del cervello responsabili di funzioni consce e inconsce, tra cui linguaggio, memoria, emozioni e pensiero.

Tuttavia, tutti questi processi sono prevedibili e manipolabili, e su questo si basa la guerra cognitiva. Inoltre, è noto che la parte cosciente della mente rappresenti solo il 5–10% del processo decisionale e circa il 5% dell’interpretazione delle informazioni. Tutto il resto avviene a livello inconscio, che diventa quindi il target privilegiato degli attacchi cognitivi.

Esempi di guerra cognitiva

Cina

TikTok, piattaforma di proprietà della cinese ByteDance, è stata accusata da vari governi di essere un’arma cognitiva in grado di ridurre capacità critiche, promuovere valori antisociali e, in casi estremi, influenzare negativamente soggetti vulnerabili. Secondo alcuni esperti, TikTok sarebbe una "super operazione psicologica". Per questi motivi diversi Paesi ne hanno limitato o vietato l’accesso.

Russia

La Russia è stata accusata di aver condotto operazioni cognitive negli Stati Uniti a partire dalla seconda metà dell’era Obama e per tutta la presidenza Trump, accentuando la polarizzazione politica e alimentando processi di radicalizzazione. Tali operazioni, realizzate dall’Internet Research Agency, hanno coinvolto troll, influencer, media statali e canali di controinformazione, diffondendo bufale e post-verità pensate per dividere la società statunitense. Per questi fatti, tredici cittadini russi sono stati incriminati dal Dipartimento di Giustizia USA nel 2018.

Turchia

A partire dagli anni 2010, la Turchia ha prodotto film e serie a sfondo storico-religioso ambientati nell’era ottomana, suscitando controversie in Egitto e Arabia Saudita per il forte impatto emotivo. I sociologi hanno definito questo fenomeno “Ottomania”, che può manifestarsi come improvvisa passione per la cultura turca, sostegno alle politiche di Erdoğan o, in casi estremi, conversioni religiose.

Conclusioni: la lezione di Sun Tzu

Alla luce delle conseguenze della guerra ibrida, emerge la necessità che il sistema-Paese operi in sinergia con le istituzioni, poiché le sfide della guerra cognitiva superano le competenze di un singolo Dicastero. È richiesta un’azione coordinata, nazionale e internazionale, fondata sulla responsabilizzazione degli stakeholder, anche privati.

Per affrontare le sfide future occorrerà accrescere la consapevolezza collettiva, sviluppare ricerca, comprendere profondamente la minaccia e ricordare la lezione di Sun Tzu nell’Arte della Guerra (VI secolo a.C.): “Il miglior guerriero è colui che vince senza combattere.”
Questa è l’essenza stessa della guerra cognitiva.

Marco Cornetto - Analista Geodiplomazia.it - 10/12/2025