Strategia USA in Venezuela: gli scenari di Trump e il futuro del regime di Maduro

Premio Nobel, crisi di regime e manovre militari: gli Stati Uniti ridefiniscono la loro strategia in Venezuela sotto la guida di Trump, tra sostegno all’opposizione di Machado e tensioni crescenti con Maduro.

AMERICA LATINA

10/16/2025

a view of a city with mountains in the background
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Venerdì, il Venezuela si è risvegliato con una notizia carica di speranza: María Corina Machado, storica leader dell’opposizione al regime di Nicolás Maduro, ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace 2025.
Il Comitato Nobel norvegese ha premiato il suo impegno costante per il ritorno della democrazia in Venezuela, riconoscendone il coraggio nel fronteggiare l’autoritarismo e la repressione del governo Maduro.

Il riconoscimento non celebra solo Machado, ma anche milioni di venezuelani che negli ultimi anni si sono mobilitati chiedendo libertà, elezioni trasparenti e diritti civili. La sua guida è stata decisiva per la vittoria dell’opposizione alle elezioni del 2024 — secondo dati indipendenti — e ha ispirato una resistenza pacifica contro il tentativo di Maduro di manipolare i risultati elettorali.

Nonostante il Nobel, le prospettive di una transizione democratica in Venezuela restano incerte. Machado mantiene contatti con figure di rilievo dell’amministrazione Trump, come il segretario di Stato Marco Rubio, ma la linea politica di Washington verso Caracas appare ambigua.

Dalla sua elezione, Donald Trump ha alternato messaggi concilianti e toni aggressivi sulla questione venezuelana. Dopo una fase iniziale più diplomatica, gli Stati Uniti hanno scelto una posizione più dura: a settembre, la Casa Bianca ha inviato una flotta navale nei Caraibi per contrastare presunti traffici di droga provenienti dal Venezuela, inclusi cocaina e fentanyl.

Negli ultimi mesi, aerei militari statunitensi hanno bombardato almeno cinque imbarcazioni civili sospettate di trasportare stupefacenti, causando la morte di almeno 27 persone. In Congresso, diversi esponenti democratici hanno espresso forte preoccupazione per questi attacchi non autorizzati, accusando l’amministrazione Trump di rischiare un’escalation militare nella regione.

Le aspettative che gli Stati Uniti possano adottare una linea più militarista in Venezuela sono sempre più alte.

Dopo il rafforzamento navale americano nei Caraibi, María Corina Machado ha promesso ai suoi sostenitori che i giorni di Maduro al potere sono contati, dichiarando in alcuni video online che “il regime è finito”. Molti venezuelani, stanchi di anni di repressione autoritaria e caos economico, ormai si chiedono quando, e non più se, Trump deciderà di inviare i Marines nel loro Paese.

Mercoledì Trump ha confermato le voci secondo cui avrebbe già dato ordine alla CIA di condurre operazioni segrete in Venezuela. Nello stesso giorno, in un’intervista alla CNN, Machado ha chiesto pubblicamente agli Stati Uniti un aiuto diretto contro quella che ha definito la “guerra di Maduro”.

Interrogato sulla possibilità che la Casa Bianca possa colpire obiettivi all’interno del territorio venezuelano, Trump non ha escluso l’opzione, limitandosi a dire: “Lo scoprirete presto.” Questa settimana ha aggiunto nuovi indizi: “Ora stiamo certamente guardando anche alla terra, perché abbiamo già il mare sotto controllo”, ha dichiarato ai giornalisti.

Ulteriori attacchi USA in Venezuela potrebbero colpire presunti traffici di droga, inclusi voli clandestini che decollano lungo il confine con la Colombia. Ma, dopo l’esplosione di altre imbarcazioni, qual è il vero obiettivo finale di Washington? Secondo gli analisti, ci sono tre possibili scenari per la politica americana verso Caracas.

Il primo scenario prevede una rivolta interna guidata da membri dell’esercito venezuelano scontenti o da manifestazioni popolari sostenute dall’opposizione, oppure una combinazione di entrambe. Machado ha esortato le forze di sicurezza a intraprendere una campagna di “disobbedienza” contro Maduro, riconoscendo la vittoria elettorale dell’opposizione. (La leader sostiene di avere contatti diretti all’interno delle forze armate venezuelane.)

Una simile ribellione potrebbe ricevere supporto logistico, informativo o militare dagli Stati Uniti, sfruttando la flotta già dispiegata nei Caraibi. Tuttavia, Washington non guiderebbe direttamente l’offensiva: come nel 2019, quando riconobbe Juan Guaidó come presidente ad interim, l’amministrazione Trump preferirebbe agire dietro le quinte, favorendo un cambio di regime “made in Venezuela”.

Tuttavia, una rivolta interna di larga scala appare poco probabile. Il governo di Maduro, dopo le ultime elezioni, ha represso brutalmente l’opposizione. Machado è costretta alla clandestinità e l’ex candidato presidenziale Edmundo González è fuggito dal Paese. L’opposizione rimasta è frammentata: una parte vuole partecipare alle elezioni locali sempre più controllate, un’altra spinge per una resistenza più radicale. Nel frattempo, il sistema di sicurezza e intelligence di Maduro continua a dimostrarsi efficace nel prevenire ogni segnale di frattura interna.