Analisi Strategica del Mediterraneo sotto il Profilo Militare e Commerciale Marittimo: il Ruolo Strategico della Marina Militare
Analisi del Mediterraneo allargato tra sicurezza, rotte commerciali, presenza di Cina, Russia e Turchia e il nuovo ruolo strategico della Marina Militare italiana.
EUROPAITALIA
Marco Cornetto
12/5/2025


Analisi Strategica del Mediterraneo sotto il profilo militare e commerciale marittimo: il ruolo strategico della Marina Militare
“Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate l’una sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo è trovare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Jugoslavia.” (F. Braudel, Il Mediterraneo, Bompiani, Milano 1987, p. 12).
Da questa suggestiva premessa si coglie immediatamente la difficoltà di individuare una cultura mediterranea, poiché il Mediterraneo, in tutta la sua storia dalle origini fino ad oggi, è stato e rimane un coacervo di culture e civiltà spesso in lotta tra loro. Oggi, il processo di globalizzazione planetaria – nel quale la competizione si svolge sul controllo delle rotte commerciali – richiede all’Italia un ruolo da protagonista nella sicurezza del “Mare Nostrum”, in qualità di media potenza regionale a forte connotazione marittima.
Vediamo, di seguito, i vari aspetti di sicurezza ed economici di rilievo per noi nell’area mediterranea.
Concetto di Mediterraneo “Allargato” e i recenti impieghi della Marina Militare
Il Mediterraneo, da sempre definito “Mare Nostrum”, è per sua morfologia il crocevia di tre continenti e continua anche oggi a rappresentare uno snodo nevralgico di flussi economici, commerciali e sociali. È inoltre la rotta più rapida, sicura ed economica per connettere l’area indo-pacifica a quella atlantica.
Come sottolineato da Fernand Braudel, esso è un’area complessa, scossa da faglie profonde che si traducono in pulsioni geopolitiche.
Comprendere i fenomeni di instabilità – e quindi i rischi e le minacce alla nostra sicurezza e prosperità – richiede tuttavia un’analisi che si estenda oltre i confini geografici del bacino mediterraneo. Nasce da qui il concetto di “Mediterraneo Allargato”, una regione che include aree immediatamente contigue al Mediterraneo in senso stretto, incorporando Medio Oriente, Golfo Arabico e la fascia sub-sahariana che, dal Corno d’Africa attraverso il Sahel, arriva al Golfo di Guinea: quadranti strategici che sono, non a caso, il luogo prioritario delle missioni e operazioni delle nostre Forze Armate.
Un esempio attuale riguarda l’impiego operativo delle nostre unità navali:
La minaccia posta dagli Houthi yemeniti contro la libertà di navigazione nello stretto di Bab al-Mandeb e nel Mar Rosso meridionale ha spinto diverse compagnie di navigazione a deviare dalle usuali direttrici commerciali verso la circumnavigazione dell’Africa, più sicura ma più lunga e onerosa, con ricadute sui prezzi e sull’attività dei porti nazionali.
Per rispondere a questa minaccia, l’Unione Europea ha lanciato l’operazione difensiva EUNAVFOR ASPIDES, volta alla salvaguardia della libertà di navigazione nelle aree del Mar Rosso, Golfo Persico e Mar Arabico settentrionale.
L’Italia partecipa fin dal 19 febbraio 2024, garantendo il comando operativo e tattico con un Ammiraglio italiano, supportato da uno staff internazionale a prevalenza italiana e da un assetto navale.
L’operazione presenta rischi significativi, come dimostrato dall’abbattimento, nel marzo 2024, di un drone UAV degli Houthi da parte del cacciatorpediniere Caio Duilio, avvenuto a circa 6 km dall’unità: un episodio che testimonia non solo l’efficienza della Marina Militare, ma anche la costante minaccia cui sono sottoposti i nostri marinai in un’area strategicamente cruciale.
Veramente “Mare Nostrum”? Cina, Russia e Turchia e il loro espansionismo nel Mediterraneo
Il Mediterraneo, che rappresenta solo l’1% dei mari del mondo, è attraversato dal 20% del traffico marittimo globale. Lo Stretto di Sicilia costituisce uno snodo essenziale delle principali rotte tra oceano Atlantico e Indo-Pacifico, rendendolo un choke point di enorme valore strategico.
Nel frattempo, il parziale disimpegno degli Stati Uniti dall’area – in favore del quadrante indo-pacifico – ha creato un vuoto che ha favorito il ritorno di vecchie e nuove competizioni potenzialmente dannose per gli interessi nazionali italiani.
Russia e Cina sono sempre più presenti.
La Cina persegue una costante penetrazione economica, commerciale e progressivamente anche militare nel bacino mediterraneo, replicando dinamiche già viste in Africa e Medio Oriente.
La Russia, dopo il ridimensionamento seguito alla dissoluzione dell’URSS, ha riavviato un’attiva strategia di influenza.
Emblematico è il caso della Libia, oggi divisa tra una Tripolitania sotto influenza turca e una Cirenaica sotto controllo russo. Alla presenza militare si affianca una crescente penetrazione industriale nel settore degli armamenti.
Sia Russia che Turchia sono inoltre sempre più attive nei Balcani (Russia in Serbia e Turchia in Albania), in Siria, in Nord Africa e nel Sahel.
A questo punto, è naturale chiedersi: come si collegano i Paesi del Sahel al Mediterraneo?
Da questi Stati proviene una parte significativa dei flussi migratori che attraversano il Mediterraneo.
Avere attori esterni all’UE in grado di controllare tali rotte è chiaramente svantaggioso. Inoltre, la Turchia – pur essendo alleato NATO – presenta interessi divergenti dai nostri.
Per contrastare questa dinamica servirebbe un maggiore impegno italiano ed europeo a sostegno dello sviluppo economico dei Paesi del Sahel, per ridurre l’influenza di Russia e Turchia e creare condizioni di stabilità reciprocamente vantaggiose.
Corridoio IMEC: nuova rotta commerciale e prospettive di sviluppo economico
Uno sguardo alle prospettive economiche future porta al nascente Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), nel quale il porto di Trieste è destinato a diventare potenzialmente il principale gateway europeo.
La combinazione di posizione geografica strategica, infrastrutture in crescita e ruolo centrale nei nuovi progetti geopolitici rende il porto giuliano un nodo cruciale nei traffici tra India, Medio Oriente ed Europa. L’IMEC rappresenta un’alternativa alla “Belt and Road Initiative” cinese.
Nonostante le criticità legate alle tensioni geopolitiche e alla complessità tecnica del corridoio multimodale, la Commissione Europea stima una riduzione del 40% nei tempi di percorrenza e un analogo abbattimento dei costi di trasporto.
L’IMEC offre anche un’alternativa alla vulnerabilità dimostrata dal Canale di Suez con l’incagliamento della Ever Given nel 2021.
Secondo Alessandro Panaro (SRM – Intesa Sanpaolo), l’IMEC genererebbe un traffico di 172 miliardi di euro, dei quali l’Italia potrebbe intercettarne fino a 26.
La competizione con Francia e Grecia – che propongono Marsiglia e il Pireo come porti alternativi a Trieste – resta però molto accesa.
Sarà dunque determinante la capacità del “Sistema Paese” di sostenere Trieste nel ruolo che storia, geografia ed economia sembrano indicare come naturale.
Conclusioni
L’analisi ha finora preso in esame dinamiche legate all’azione degli attori internazionali; tuttavia, esiste un ulteriore fattore non legato alla volontà umana: il cambiamento climatico.
Lo scioglimento dei ghiacci artici sta aprendo nuove rotte trans-artiche tra Asia ed Europa, riducendo del 50% la copertura dei ghiacci negli ultimi decenni.
Queste rotte potrebbero deviare parte significativa dei traffici oggi diretti nel Mediterraneo, con ripercussioni economiche notevoli per i Paesi che dipendono dalla rotta Suez–Mediterraneo.
Una nuova via artica potrebbe spostare capitali, investimenti e centralità verso i Paesi nordici, come avvenne nel XVI secolo, quando la scoperta delle Americhe spostò il baricentro economico dal Mediterraneo al Nord Europa.
Da ciò nasce una domanda inevitabile: siamo destinati a un nuovo declino?
Marco Cornetto - Analista Geodiplomazia.it - 05/12/2025
