Etiopia–Eritrea: escalation pericolosa e rischio di nuova guerra nel Corno d’Africa
Le tensioni tra Etiopia ed Eritrea crescono per l’accesso al Mar Rosso. Analisi del rischio di guerra, del ruolo del TPLF e degli equilibri regionali.
AFRICA SUB SAHARIANA
Federico Massini
12/1/2025


Etiopia–Eritrea: tensioni in aumento e timori di un nuovo conflitto nel Corno d’Africa
Le tensioni tra Etiopia ed Eritrea sono tornate pericolosamente a salire.
Dichiarazioni ostili, accuse reciproche e movimenti militari lungo i confini hanno riacceso il timore di un nuovo conflitto regionale in un’area tra le più instabili del continente.
Alla base dell’ultima escalation c’è una questione geopolitica rimasta irrisolta per oltre trent’anni: l’accesso dell’Etiopia al Mar Rosso, perso nel 1993 con l’indipendenza eritrea e divenuto oggi, secondo il premier etiope Abiy Ahmed, un tema “esistenziale”.
La crisi arriva in un momento in cui l’intero Corno d’Africa è attraversato da fratture interne, guerre congelate, rivalità storiche e una crescente pressione internazionale connessa alla sicurezza del Mar Rosso e alle rotte commerciali globali.
Il nodo del Mar Rosso: per Addis Abeba è una questione di sopravvivenza
Nel suo intervento più controverso degli ultimi mesi, Abiy Ahmed ha chiesto una “mediazione internazionale” per ottenere uno sbocco sul Mar Rosso, definendo la questione inevitabile.
Ha lasciato intendere più volte che l’Etiopia potrebbe rivendicare con la forza il porto eritreo di Assab, sul Golfo di Aden.
Per comprendere la gravità delle affermazioni, va ricordato che:
L’Etiopia è il Paese più popoloso al mondo senza accesso al mare.
Circa il 95% del commercio etiope dipende dal porto di Gibuti.
La dipendenza logistica costa ad Addis Abeba miliardi ogni anno.
Banche multilaterali e analisti temono che la situazione economica etiope diventi insostenibile nel medio termine.
Molti osservatori (ICG, Chatham House) ritengono che l’Etiopia stia cercando di aprire un negoziato multilaterale, ma temono anche che l’insistenza sulla “inevitabilità” dell’accesso al Mar Rosso sia un linguaggio che potrebbe sfociare in una strategia coerente con una diplomazia coercitiva.
Il problema è che Abiy parla in un momento di debolezza interna, non di forza.
Accuse incrociate: Eritrea, TPLF e la nuova instabilità del Tigray
La crisi odierna non nasce dal nulla: è il risultato di una complessa sequenza di tradimenti, alleanze e guerre.
Eritrea e TPLF furono alleate negli anni ’80 contro il regime di Mengistu.
Nel 1998 scoppiò una guerra sanguinosa tra i due Paesi (70.000 morti).
Nel 2018, Abiy segnò la “pace storica” con Isaias Afwerki, che gli valse il Nobel.
Nel 2020, la guerra nel Tigray riportò le due nazioni a combattere insieme, contro il TPLF.
Il 2022 ha visto un nuovo strappo: il TPLF ha firmato la pace di Pretoria, lasciando però fuori l’Eritrea.
Secondo numerosi analisti del Corno d’Africa, il presidente eritreo Isaias Afwerki ha vissuto il trattato di Pretoria come una sconfitta diplomatica, perché:
ha ridotto la sua influenza nella regione,
ha permesso al TPLF di rientrare nella politica etiope,
non ha previsto un ritiro completo delle forze eritree,
non ha risolto dispute territoriali rimaste irrisolte dal ’98.
Da allora, alcune fazioni dissidenti del TPLF avrebbero riallacciato rapporti con l’Eritrea, creando un asse tattico contro Abiy Ahmed.
Per Addis Abeba, questa è la prova che Asmara sta “soffiando sul fuoco” per riaprire la guerra civile del nord.
Per Asmara, invece, le accuse etiopi sono “una messa in scena”.
Il risultato è un gioco di specchi che aumenta la sfiducia e riduce gli spazi diplomatici.
Scontri sul terreno: Tigray, Afar e Amhara tornano a essere fronti caldi
Mentre la retorica si intensifica, il terreno parla da solo.
In diverse aree al confine tra Tigray e Afar, sono ripresi scontri armati tra milizie tigrine, forze locali e unità dell’esercito.
Le autorità afar accusano i combattenti del Tigray di aver attraversato la frontiera e occupato villaggi.
Nel frattempo, in Amhara — una regione fondamentale per il potere centrale — gruppi armati come le FANO sono tornati attivi, con accuse reciproche tra governo e milizie.
Questo mosaico di conflitti locali potrebbe trasformarsi rapidamente in una guerra a più livelli:
Etiopia vs milizie Tigray
Milizie Tigray vs Afar
Repressori Amhara vs governo centrale
Etiopia vs Eritrea
Esattamente lo scenario che l’accordo di Pretoria avrebbe dovuto evitare.
Il ruolo dell’Eritrea: un attore imprevedibile e strategicamente decisivo
Eritrea e Isaias Afwerki giocano un ruolo fondamentale — e spesso sottovalutato — nella stabilità regionale.
L’esercito eritreo:
è tra i più militarizzati e disciplinati dell’Africa orientale,
mantiene truppe ancora dentro i confini etiopi,
controlla territori strategici lungo la frontiera,
ha interessi diretti sul futuro del Tigray e dell’Amhara.
Analisti come Woldemariam e Demissie (Foreign Policy) hanno più volte sostenuto che:
➡️ “Il mondo non può permettersi una nuova guerra Eritrea–Etiopia.”
Ma proprio per questo una nuova escalation sarebbe devastante:
destabilizzerebbe l’intero Corno d’Africa,
coinvolgerebbe probabilmente Somalia, Gibuti e Sudan,
metterebbe a rischio la sicurezza del Mar Rosso,
aprirebbe spazi ad attori esterni (Turchia, Emirati, Iran, potenze occidentali).
Il Mar Rosso e gli equilibri globali: una crisi africana che diventa immediatamente internazionale
La crisi non riguarda solo Etiopia ed Eritrea.
Il Mar Rosso è oggi una delle aree più strategiche al mondo:
passaggio del 12% del commercio globale,
corridoio chiave per petrolio e gas,
area contesa da USA, Cina, Emirati, Arabia Saudita, Iran e Turchia,
regione già sconvolta dagli attacchi Houthi,
teatro di competizione tra basi militari.
Un conflitto Etiopia–Eritrea avrebbe conseguenze globali.
Per questo USA, Unione Africana e Sudafrica — garanti dell’accordo di Pretoria — stanno aumentando la pressione diplomatica.
Human Rights Watch ha lanciato un avvertimento chiaro:
➡️ “Il rischio di nuovi cicli di atrocità è reale.”
Il Corno d’Africa è entrato in una fase di pericolosa incertezza
Il conflitto non è inevitabile, ma la finestra per evitarlo si sta restringendo.
L’Etiopia è un Paese indebolito da due anni di guerra civile.
L’Eritrea è governata da un regime isolato e imprevedibile.
Il Tigray è diviso e ancora traumatizzato.
Le regioni di Afar e Amhara sono instabili.
Il Mar Rosso è al centro di tensioni globali.
Tutti gli ingredienti di una crisi regionale sono presenti.
Il rischio, come spesso accade nel Corno d’Africa, è che una retorica mal calibrata si trasformi in un conflitto aperto prima che la diplomazia riesca a intervenire.
Federico Massini - Analista Geodiplomazia.it - 01/12/25
