Siria Post-Assad: perché le Basi Russe nel Mediterraneo sono ancora decisive
Dopo la caduta di Assad, Mosca tenta di salvare le basi di Tartus e Hmeimim. La Siria di Al-Sharaa ha bisogno della Russia per evitare il collasso dello Stato.
MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA
Federico Massini
12/15/2025


La Russia e le sue basi nel Mediterraneo: perché la Siria post-Assad resta cruciale per Mosca
L’accesso della Russia alle sue principali basi militari nel Mediterraneo dipende oggi dal nuovo regime guidato da Ahmed al-Sharaa a Damasco. La caduta del governo di Bashar al-Assad, avvenuta nel dicembre 2024, ha rappresentato un colpo durissimo per Mosca: non solo sul piano simbolico, ma soprattutto sul piano strategico e logistico.
L’intervento militare russo del settembre 2015 aveva temporaneamente salvato il regime siriano dal collasso e segnato il ritorno della Russia come attore militare di primo piano in Medio Oriente e nel Mediterraneo orientale. Tuttavia, non è bastato a garantirne la sopravvivenza a lungo termine. Se a questa sconfitta politica si fosse aggiunta anche la perdita delle due basi militari russe in Siria, il danno per il Cremlino sarebbe stato potenzialmente strutturale.
Per questo motivo, nonostante il cambio di potere a Damasco, la Russia è rimasta in gioco.
Tartus e Hmeimim: due pilastri della proiezione russa nel Mediterraneo
La presenza militare russa in Siria si fonda su due infrastrutture chiave:
la base navale di Tartus, unico punto di appoggio navale russo nel Mediterraneo;
la base aerea di Hmeimim, situata nei pressi di Latakia, essenziale per le operazioni aeree e logistiche.
Entrambe si affacciano sul Mediterraneo orientale e costituiscono strumenti centrali della proiezione di potenza russa verso Medio Oriente, Nord Africa e Africa subsahariana.
Il futuro di queste basi è stato al centro dell’incontro tra Vladimir Putin e il nuovo presidente siriano Ahmed al-Sharaa, avvenuto a Mosca il 15 ottobre 2025. Al termine del colloquio, Damasco si è impegnata a rispettare tutti gli accordi internazionali stipulati dal precedente regime, inclusi quelli relativi alla presenza militare russa.
Un segnale politico importante, ma tutt’altro che definitivo.
Accordi sospesi, non cancellati: lo spazio per una rinegoziazione
Le basi russe operano formalmente in virtù di un accordo bilaterale firmato nel gennaio 2017, che garantiva a Mosca l’uso di Tartus e Hmeimim per 49 anni, con ampie immunità giuridiche e libertà operative.
Il nuovo governo siriano ha sospeso, ma non revocato, tale accordo. La scelta non è casuale: indica la volontà di rinegoziare i termini, non di rompere con Mosca.
Dal punto di vista siriano, la questione è delicata. Il regime di al-Sharaa ha ereditato un Paese devastato dalla guerra, frammentato socialmente ed economicamente fragile, con un apparato statale da ricostruire quasi da zero. In questo contesto, tagliare i ponti con la Russia sarebbe un azzardo.
Tartus: una base modesta, ma strategicamente insostituibile
Per anni, il cosiddetto Material-Technical Support Point di Tartus ha permesso alla Marina russa di mantenere una presenza continuativa nel Mediterraneo. Non si tratta di una grande base navale paragonabile a quelle statunitensi: raramente ospitava più di cinque o sei unità tra navi di superficie, sottomarini convenzionali e mezzi di supporto.
Le infrastrutture sono limitate:
capacità logistiche leggere,
manutenzione di base,
assenza di veri cantieri navali.
Eppure, Tartus svolge una funzione essenziale: è uno snodo logistico per le navi russe provenienti dal Baltico e dal Nord Europa dirette verso il Mar Rosso e l’Oceano Indiano. Senza Tartus, la capacità russa di sostenere operazioni navali prolungate lontano dai propri porti sarebbe drasticamente ridotta.
Le carte di Mosca: diplomazia, aiuti e legittimazione politica
Nonostante la perdita del suo storico alleato, il Cremlino conserva leve significative nei confronti del nuovo potere siriano.
In primo luogo, la Russia ha lasciato intendere di essere disposta a rimuovere Hayat Tahrir al-Sham (HTS) dalla propria lista di organizzazioni terroristiche. Un gesto che avrebbe un forte valore politico per Damasco, soprattutto in ottica di riconoscimento internazionale.
In secondo luogo, Mosca ha avviato forniture di fertilizzanti, carburante e aiuti alimentari, colmando un vuoto lasciato da molti Paesi occidentali che continuano a mantenere regimi sanzionatori ed embarghi. In un’economia siriana allo stremo, questi aiuti hanno un peso concreto.
Il messaggio è chiaro: per Damasco, la Russia può ancora essere un partner affidabile, pragmatico e non ideologico.
Perché Damasco non può fare a meno di Mosca
Il nuovo governo siriano si trova davanti a un dilemma strategico. Da un lato, cerca di normalizzare i rapporti con il mondo arabo e con l’Occidente, riducendo la dipendenza da un unico sponsor esterno. Dall’altro, sa che nessun altro attore è disposto, al momento, a garantire sicurezza, stabilità e supporto immediato come la Russia.
Le Forze Armate siriane restano deboli, frammentate e dipendenti da supporto esterno. L’assenza di una presenza russa creerebbe un vuoto di potere che potrebbe essere sfruttato da attori regionali rivali o da milizie locali.
In questo senso, Mosca non è solo un alleato militare: è una assicurazione contro il collasso totale dello Stato.
Mediterraneo Orientale: una partita più ampia
La posta in gioco va oltre la Siria. Il Mediterraneo orientale è diventato uno spazio di competizione strategica crescente tra Russia, Stati Uniti, Turchia, Israele e potenze europee.
Per Mosca, perdere Tartus e Hmeimim significherebbe:
arretrare la propria presenza navale;
ridurre la capacità di influenzare crisi in Medio Oriente e Nord Africa;
indebolire la propria postura globale in un momento di confronto diretto con l’Occidente.
Per questo, la Russia è pronta a rinegoziare, concedere e adattarsi, pur di restare.
Una presenza inevitabilmente rinegoziata
Il nuovo equilibrio siriano non consentirà alla Russia di mantenere le stesse condizioni privilegiate garantite dal regime di Assad. La presenza militare russa continuerà probabilmente in forma più condizionata, più politica e meno automatica.
Ma una cosa appare chiara:
senza Mosca, la Siria rischia l’instabilità permanente; senza la Siria, la Russia perde il Mediterraneo.
È su questo fragile equilibrio che si giocherà il futuro delle basi russe e, più in generale, la capacità di Mosca di restare un attore militare credibile nello spazio mediterraneo.
Federico Massini - Analista Geodiplomazia.it - 15/12/2025
