Ucraina–Russia, svolta nei negoziati: cosa prevede il nuovo piano di pace USA e perché resta rischioso
USA e Ucraina raggiungono un’intesa sul nuovo piano di pace. Restano i nodi su territori, NATO e garanzie di sicurezza. Analisi completa.
EUROPANORD AMERICA
Federico Massini
11/26/2025
Ucraina, un’intesa che non basta: cosa nasconde davvero il nuovo piano di pace USA e perché la guerra non è ancora vicina alla fine
L’annuncio è arrivato con toni prudenti ma carichi di attese: Stati Uniti e Ucraina hanno trovato un “accordo di principio” su una versione rivista del piano di pace elaborato da Washington. Una cornice in 19 punti, molto diversa dalla proposta originaria e duramente contestata, che apre uno spiraglio diplomatico dopo mesi di stallo militare e politico.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è detto pronto a incontrare Donald Trump “il prima possibile”, segno che la fase negoziale sta accelerando. Allo stesso tempo, però, il clima in cui nasce questa intesa è tutto tranne che stabile. Ai margini dei progressi diplomatici si muovono pressioni, resistenze, attacchi missilistici e una partita geopolitica che coinvolge Russia, Stati Uniti, Europa e l’intero ordine internazionale.
Il risultato?
Una situazione in cui tutti parlano di pace, ma nessuno sembra davvero vicino a ottenerla.
Un piano di pace che cambia volto: dagli 8 “punti tabù” alla nuova realpolitik
La prima versione del piano USA — 28 punti discussi in segreto anche con Mosca — era politicamente esplosiva: prevedeva ampie concessioni territoriali alla Russia, limitazioni strutturali alle capacità militari ucraine e l’addio definitivo all’ipotesi di ingresso nella NATO.
Era un documento inaccettabile per Kyiv e pesantemente criticabile anche sul piano strategico, perché avrebbe formalizzato un successo russo dopo anni di aggressione.
La nuova versione è molto diversa: Washington non chiede più apertamente la rinuncia alla NATO, né impone limiti troppo rigidi all’esercito ucraino. Anzi, promette garanzie di sicurezza “legalmente vincolanti”, un’espressione che ricorda da vicino il modello di cooperazione USA-Israele.
Il cambiamento riflette una nuova fase della strategia americana:
meno idealismo,
più pragmatismo,
più urgenza di ottenere un risultato visibile.
Trump vuole una vittoria diplomatica da mostrare all’opinione pubblica americana; Zelensky ha bisogno di garanzie politiche e militari per sopravvivere alla pressione interna; la Russia vuole trasformare in realtà le conquiste territoriali ottenute negli ultimi due anni.
Il nodo territoriale: la linea rossa che nessuno vuole attraversare, ma tutti stanno avvicinando
Come spesso accade nelle guerre moderne, la parte più difficile dei negoziati non è la pace, ma la geografia della pace.
La domanda centrale resta la stessa dal 2022:
Kyiv dovrà cedere territori alla Russia per ottenere un accordo?
Zelensky continua a ribadirlo: nessuna concessione territoriale sarà mai accettata. È una posizione politica comprensibile, ma anche molto difficile da mantenere se le pressioni aumentano.
Mosca, dall’altra parte, ha già chiarito che non accetterà alcun accordo che non riconosca i territori occupati.
E Washington?
Nella nuova bozza non si parla più apertamente di cessioni, ma nemmeno si esclude la possibilità di una qualche formula flessibile: congelamento della linea del fronte, status speciale temporaneo, meccanismi di gestione internazionale, referendum futuri, oppure un cessate il fuoco coreano senza accordo formale.
Nessuna di queste opzioni è semplice. Tutte sono politicamente tossiche.
Eppure, tutte sono realisticamente sul tavolo.
Gli Stati Uniti accelerano, l’Europa frena
La dinamica transatlantica è evidente:
gli USA vogliono chiudere,
l’Europa vuole resistere,
Kyiv vuole sopravvivere,
Mosca vuole consolidare.
Macron lo ha detto chiaramente: “Vogliamo la pace, ma non una pace che sia una capitolazione”.
I governi europei temono che un accordo affrettato:
legittimi l’aggressione russa,
permetta a Mosca di riorganizzarsi militarmente,
destabilizzi ancora di più la sicurezza europea,
tradisca i principi dell’ordine internazionale post-1945.
E nella notte stessa in cui si parlava di accordo, la Russia ha lanciato su Kyiv uno degli attacchi più intensi dell’anno: 22 missili, oltre 460 droni, 7 morti, infrastrutture critiche colpite.
Se questo è il contesto, è difficile per gli europei credere che Putin sia realmente pronto a negoziare.
Il ruolo nascosto degli Emirati, del Medio Oriente e della diplomazia parallela
C’è anche un’altra dimensione, quasi assente nel dibattito pubblico ma molto presente nei canali diplomatici: il ruolo di Abu Dhabi.
Il recente incontro ad alto livello negli Emirati tra funzionari americani e russi mostra che:
gli Emirati stanno diventando il nuovo terreno neutrale per le trattative globali;
gli USA vogliono costruire un ponte diretto con Mosca;
la Russia punta a usare i Paesi del Golfo come scudo diplomatico.
Questa “diplomazia parallela” è ormai strutturale nei conflitti moderni e riflette il nuovo multipolarismo informale che caratterizza la geopolitica del 2025.
L’Ucraina accetta un tetto massimo di 800.000 soldati?
Una delle informazioni più sorprendenti arrivate dal Financial Times è l’esistenza di un accordo preliminare affinché l’Ucraina limiti il suo esercito a 800.000 uomini.
È una cifra comunque enorme — superiore a quella della maggior parte degli eserciti europei — ma rappresenterebbe una forma di contenimento strutturale del potere militare ucraino.
Per Mosca, è un punto essenziale.
Per Kyiv, una concessione dolorosa.
Per gli USA, una “valvola di sicurezza” negoziabile.
Per l’Europa?
Un campanello d’allarme: un’Ucraina più debole significa un fianco est più vulnerabile.
La pace è più vicina, ma non più semplice
Il nuovo piano USA-Ucraina rappresenta un passo avanti rispetto allo stallo degli ultimi mesi.
Ma non è sufficiente per dire che la guerra è vicina alla fine.
Resta un dilemma centrale:
Per fermare la guerra bisogna scegliere tra pace imperfetta e guerra infinita.
Al momento, nessuno dei protagonisti è pronto a fare quella scelta.
Gli Stati Uniti spingono per chiudere.
La Russia vuole cristallizzare le conquiste.
L’Ucraina chiede garanzie che nessuno può garantire del tutto.
L’Europa teme una pace sbagliata più della guerra in corso.
La diplomazia si muove, ma la realtà, sul terreno e nelle capitali, resta instabile.
È un accordo in linea di principio.
La pace, invece, resta ancora un’altra storia.
Federico Massini - Analista Geodiplomazia.it - 26/11/2025
